martedì 24 luglio 2012

E' incredibile sentir dire certe cose a personaggi noti e si suppone informati e a conoscenza dei fatti e delle situazioni caratterizzanti il nostro Paese. Vorrei proporre una breve analisi della situazione "mafia" in generale, senza contestualizzare (per adesso) alla Sicilia e all'Italia. Per mafia si intende un'organizzazione di potere, finalizzata alla pratica di attività illecite, con modi e metodi spesso violenti (soprattutto in passato). La compresenza del termine "organizzazione" e "potere" basta cmq a spiegare che la mafia è dappertutto, l'atteggiamento mafioso lo si può riscontrare in qualsiasi scena di vita quotidiana, al supermercato, alla fermata dell'autobus, ovunque. Se poi soggetti soliti ad assumere atteggiamenti mafiosi si associano o entrano in contatto in maniera continuativa, allestendo una vera e propria "organizzazione", con gerarchie, ruoli, mansioni, ecc.....beh ecco che viene fuori la vera e propria mafia, come la si intende nei libri, nei film, un po' dappertutto. Può darsi che in Sicilia ci sia stato in passato una predominanza "fisica" di militanti, in termini di numero, ma dire che il resto di Italia sia estraneo a questo fenomeno e che si limiti a "qualche radice" fa solo sorridere per la pochezza intellettuale dell'affermazione. Le tangenti, la corruzione, gli appalti pilotati, l'utilizzo sconsiderato e a fini personali dei finanziamenti pubblici, tutto questo e molto altro ancora (purtroppo) sono nè più nè meno forme di atteggiamento mafioso e se bisogna per forza trovare un nome, un'etichetta per definirla mafia (perchè a livello organizzativo sicuro non ha nulla da invidiare a quella "presunta" siciliana), si fa in fretta a indire un concorso di idee, oppure il buon Feltri potrebbe usare la sua praticità e il suo genio letterario per coniare un nuovo termine. Il mio scopo, però, non è quello di polemizzare con Lilliput e i suoi abitanti, ma spero di poter sensibilizzare i lettori fornendo alcuni spunti per contenere il problema e cercare di migliorare le cose. Le guerre da portare avanti sono due: una contro l'atteggiamento mafioso, dilagante soprattutto tra i giovani, l'altra contro le organizzazioni già operanti. L'intervento contro l'atteggiamento ha a che fare con il carattere delle persone, con l'educazione impartita dai genitori ai figli, con il contesto in cui vive ciascuno di noi, amicizie incluse. Il controllo in questo ambito è possibile solo con un livello educativo adeguato (scuola dell'obbligo in primis) e un impegno sociale a sostegno e recupero dei più disagiati. Una buona politica sociale, anche a livello locale, potrebbe sicuramente migliorare le cose, sebbene sia consapevole che questo è il punto più delicato e vale a livello nazionale, anzi globale. La lotta contro le organizzazioni criminali, invece, è paradossalmente più semplice, perchè non mancano gli strumenti per fare terra bruciata intorno alle attività illecite. I profitti di tali attività sono spesso ingenti e non possono passare inosservati, la quantità di soggetti coinvolti è tale che non possono agire indisturbati, i controlli possibili da parte delle autorità (forze dell'ordine, agenzia delle entrate, guardia di finanza, task-force dedicate) sono innumerevoli, non solo in fase di individuazione e intervento, ma anche a livello preventivo. Un sistema sano, monitorato e in cui la presenza e il rispetto delle regole e delle leggi è totale, disincentiva queste organizzazioni a proseguire e ad espandere i propri giri d'affari, quindi bisogna creare delle barriere all'ingresso molto forti, ove troppo tardi, creare degli "incentivi all'esodo" per eliminare il problema alla radice (col rischio che tali radici siano poi trapiantate in altri lidi, magari più a latitudini superiori, dove mi pare che le "magagne" siano di caratura ben superiore, in alcuni casi).

Nessun commento:

Posta un commento